Una scena del film Nobelovac

Una scena del film Nobelovac

Con un cast d'eccezione e un carattere spiccatamente "jugoslavo" la serie tv Nobelovac - prodotta dalla Radiotelevisione serba ed ideata e diretta da Tihomir Stanić - narra la vita di Ivo Andrić a 50 anni dalla scomparsa. Un racconto corale da non perdere

23/05/2025 -  Božidar Stanišić

Di Andrić ho scritto per OBCT in diverse occasioni. Talmente tante che ho chiesto alla redazione se fosse una buona idea cimentarmi anche nella scrittura di un articolo sulla serie televisiva Nobelovac [Il vincitore del premio Nobel]. La risposta? Perché non proporre anche un articolo su una serie che rende omaggio allo Scrittore in occasione dei cinquant’anni dalla sua scomparsa (1975).

Per i navigatori maldestri del mare del web, condivido qui di seguito il link alla serie tv di otto episodi, prodotta dalla Radiotelevisione della Serbia (RTS) in collaborazione con la casa di produzione cinematografica “Tihomir Stanić Production”.

Una serie molto seguita non solo in Serbia e nel resto della regione ex jugoslava, ma in ogni angolo del mondo dove ci siamo dispersi durante quei “gloriosi e indimenticabili” anni Novanta (e successivamente). Ecco a voi Nobelovac – otto puntate, di una cinquantina di minuti ciascuna, andate in onda nell’autunno del 2024 – facile da navigare. E gratuito.

Prima di tutto – seppur brevemente – qualche considerazione su Tihomir Stanić, ideatore, produttore e protagonista della serie Nobelovac, preparata per sette anni con una squadra di sceneggiatori e consulenti attentamente selezionati.

Aveva solo trentacinque anni quando nel film Lajanje na zvezde [Abbaiare alle stelle, 1998] in pochi minuti riuscì a far rivivere il ​​personaggio di Ivo Andrić. La “straordinaria somiglianza” con lo Scrittore, che – come notato da molti – nessun altro attore sarebbe riuscito a interpretare meglio di Stanić – non è sfuggita agli autorevoli critici cinematografici nemmeno in occasione dell’uscita della fiction televisiva Proleće na poslednjem jezeru [La primavera sull’ultimo lago, 2020].

In questo film Stanić veste i panni dell’ambasciatore Andrić che, insieme agli altri membri del corpo diplomatico del Regno di Jugoslavia espulsi dalla Germania nazista, trascorse quella lontana primavera del 1941 sul lago di Costanza.

Da quasi un quarto di secolo Stanić porta in scena anche un monodramma ispirato al romanzo Il ponte sulla Drina.

Penso che, dalla fine del conflitto nella regione, nessun progetto cinematografico o televisivo si sia contraddistinto per un carattere così spiccatamente jugoslavo come la serie Nobelovac. Stanić ha invitato sia gli attori croati che quelli bosniaco-erzegovesi ad unirsi al numeroso cast (oltre centocinquanta ruoli).

Sono convinto che lo stesso Stanić abbia potuto interpretare il giovane Andrić, quello che parla la ijekavica, però ha deciso di affidare quel ruolo ad un attore croato, l’eccellente Igor Jurinić. Così anche il vecchio Krleža è interpretato da Damir Lončar, e quello giovane da Kristijan Petelin.

Che lo si guardi da semplici appassionati o esperti di cinema, credo sia difficile non essere d’accordo con la scelta del cast: da Selma Alispahić – attrice sarajevese che veste i panni di Milica, la moglie di Ivo Andrić, con un’interpretazione direi inarrivabile – ad Admir Glamočak (nel ruolo di Ibro) e Alzan Pelešić (frate Mijo), passando per Milivoj Obradović (Miodrag Ɖilas), Aleksandra Pleskonjić (Isidora Sekulić), Marko Baćović (Branko Lazarević), Stefan Bundal (Branko Ćopić), Arsenije Arsić (Miloš Crnjanski), Bojana Zečević (Kaja, moglie dell’avvocato Milenković che, nel suo appartamento a Belgrado, offrì rifugio ad Andrić durante la guerra). Mi perdonino gli attori che non ho citato, in rete troverete facilmente tutti i nomi e i personaggi.

Secondo – la serie Nobelovac è stata girata a Belgrado, Sarajevo, Zrenjanin e Herceg Novi tra settembre e dicembre 2023.

Terzo – non ho alcuna intenzione di “raccontare” la trama. Mi limiterò a qualche osservazione sul progetto di regia realizzato da Tihomir Stanić.

La fiction si apre con la notizia che, nell’autunno del 1961, giunge ad Andrić da Stoccolma in modo assai bizzarro. Per Stanić quei pochi mesi – in cui lo scrittore di prepara per il viaggio nella capitale della Svezia – è un punto di partenza per sviluppare un’interessante sceneggiatura in cui, accanto ad Andrić, compaiono i suoi contemporanei, i leader politici (Hitler, Stalin, Tito) e le ombre di quelli che hanno accompagnato lo scrittore lungo il suo percorso esistenziale nel Secolo breve.

Quando un mio vecchio compagno di scuola mi ha chiesto se avesse senso ritagliarsi del tempo per guardare la serie – domanda che mi ha fatto ridere a crepapelle, visto che è un pensionato come me – gli ho risposto come se Shakespeare mi sussurrasse: “Fai come ti pare!”. Il mio amico non si è arrabbiato, mi ha fatto un’altra domanda: “E chi compare nella serie?”. Ho risposto: “Ci sono tutti… manchiamo solo noi due!”.

Mi sembra che, nella visione di Tihomir Stanić, Andrić assomigli alla canna di Blaise Pascal: “L’uomo non è che una canna, la più fragile della natura, però una canna pensante”. E – parlando di artisti – una canna che crea il proprio mondo.

Ecco perché la figura di Andrić, rievocata nella serie, è sostanzialmente vicina a quella di un suo amico d’infanzia, Miloš Crnjanski, che percepiva l’umanità del suo tempo come le antiche foglie di Omero. (Una visione che non piacerà agli ottimisti, ossia ai pessimisti malinformati).

Nella serie Andrić percorre le strade del mondo con un pesante fardello sulle spalle: il dovere di rappresentare la Bosnia (e non solo) come la metafora di un mondo che si illude che quella stessa Bosnia sia una realtà endemica, lontana e contrapposta al cosiddetto mondo ben ordinato, considerato il migliore dei mondi possibili.

Per Stanić, il periodo autunno-inverno 1961/62, segnato dal viaggio di Andrić a Stoccolma, funge da trampolino per salti temporali da un’epoca all’altra, dove i volti si susseguono come ne La commedia umana di Balzac, tra sovrani, politici, assassini, scrittori, facchini, camerieri, vicini di casa.

La sceneggiatura, come anche le tecniche di ripresa utilizzate da Stanić, non segue la vita dello scrittore in ordine cronologico (dalla culla alla tomba, passando per Stoccolma): tutti gli episodi sono ambientati nel 1961. Partendo da questo spazio-tempo, Stanić ci porta a conoscere i momenti più importanti della vita di Andrić, in cui lo Scrittore mette in discussione se stesso e il mondo. Momenti su cui incombe l’ombra della Bosnia, della Jugoslavia e dell’Europa tra il bene, il male e l’invidia altrui.

Nobelovac sembra richiamarsi, seppur implicitamente, all’esperienza di Meša Selimović legata a quel centimetro in più che un grande uomo conquista con le proprie opere, superando così gli altri, e questi non glielo perdonano. Non è quindi un caso che nella serie venga sottolineata la rivalità di Krleža, ma anche l’insoddisfazione di Tito per il fatto che il più importante premio letterario non sia andato allo scrittore croato, suo amico.

L’insistenza di Stanić sull’importanza del ruolo di Isidora Sekulić nella vita e la crescita spirituale di Andrić può essere interpretata da prospettive diverse. Forse rispecchia maggiormente il conflitto interiore di Andrić sul ruolo e la posizione dello scrittore, anche la sua ammirazione per l’ascetismo e la resistenza passiva con cui Isidora si opponeva al nuovo potere. Isidora non è l’unica ad “attraversare” la vita di Andrić. L’elenco dei personaggi che lo Scrittore incontra in questa serie è lungo, troppo lungo.

Mi fermo qui. Non vorrei sottovalutare chi ha visto, e chi vedrà Nobelovac. (Spero che la serie venga distribuita anche con sottotitoli, in diverse lingue). Lascio agli spettatori la possibilità di esprimere autonomamente un giudizio, anche sulla scelta della meravigliosa musica di apertura della serie, la canzone Kad ja pođoh na Bentbašu [Quando andai a Bentbaša], sulle cui note Andrić fu insignito del premio Nobel a Stoccolma.

Non dimentichiamo però che non esistono – non sono mai esistite né mai esisteranno – le rappresentazioni fedeli della vita dei grandi artisti. Anche molti film biografici – come quelli dedicati a Victor Hugo, Stefan Zweig e Vincent Van Gogh, per citarne solo alcuni – sono, in tutti i loro aspetti umani e creativi, frutto dell’immaginazione dell’autore. Nel caso di Stanić, c’era poco da lasciare alla finzione.

Concludo citando un’affermazione di Stanić riportata dal portale croato Telegramin quella che considero la migliore recensione di Nobelovac, in cui Davor Špišić, autore del testo, sottolinea che la serie si guarda come se fosse un thriller politico concitato e non ha nulla da invidiare alle fiction prodotte dalle più prestigiose case di produzione cinematografica.

“Andrić – spiega il regista di Nobelovac – viene spesso strumentalizzato per sostenere certe tesi nazionaliste. Il nazionalismo ha provocato talmente tante sciagure, non dobbiamo tormentarci troppo per la vicenda di Andrić, che comunque è riuscito a salvare le sue opere e la sua vita, e certamente aveva le idee ben chiare sulla questione. Il nazionalismo strumentalizza tutto, Andrić compreso, perché il nazionalismo è il male assoluto”.

Mentre sto navigando su Internet cercando di capire come viene raccontato il cinquantesimo anniversario della morte di Andrić, mi sembra (o sbaglio?) che Stanić sia riuscito, in modo del tutto particolare, a mettere a tacere non solo i nazionalisti, ma l’intero coro di quelli che hanno cercato, soprattutto nell’ultimo decennio, e cercano ancora – come sostengono – di detronizzare Andrić.

Forse è facile spodestare lo scrittore, ma come si fa a rimuovere dal trono le sue opere?


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