
Photo by Andreea Câmpeanu
L'invasione russa dell'Ucraina ha messo in grave pericolo anche il patrimonio naturale del paese aggredito: tra le aree più a rischio c'è il Delta del Danubio al confine con la Romania, oggi sottoposto ad una pressione ecologica senza precedenti. Un reportage
Il Delta del Danubio, patrimonio mondiale dell'UNESCO a cavallo tra Ucraina e Romania, è sottoposto ad una pressione ecologica senza precedenti. Mentre le conseguenze della guerra riecheggiano ben oltre le linee del fronte, scienziati e ambientalisti documentano una crisi parallela: il disfacimento di un fragile santuario naturale.
Vylkove, una sonnolenta cittadina ucraina in riva al fiume, è nota per i suoi canali tortuosi e le sue case in legno. Spesso definita la "Venezia del Danubio", si trova vicino al confine con la Romania, di fronte ad una tranquilla distesa di foresta al di là del fiume. Tuttavia, tale tranquillità è stata infranta dall'invasione russa del febbraio 2022. A poche decine di chilometri dalla tormentata Isola dei Serpenti, Vylkove è da allora una zona militarizzata.
"La costa è stata bombardata. Tutte le capanne dei pescatori sono state distrutte", spiega Tetiana Balatska, una biologa che lavora da 24 anni nella Riserva della Biosfera del Delta del Danubio. Ora monitora le condizioni del delta attraverso immagini satellitari. "L'accesso al lato ucraino del delta è fortemente limitato", continua l'esperta, "non possiamo valutare appieno il danno ecologico".
Nonostante le difficoltà, Tetiana continua il proprio lavoro. Recentemente ha condotto un campo di educazione ambientale sul lato romeno del confine per bambini provenienti da Ucraina, Moldavia e Romania. L'iniziativa è stata gestita insieme a Rewilding Ukraine, parte di un più ampio sforzo europeo per reintrodurre specie autoctone e ripristinare zone umide degradate.
Isole a rischio ambientale
Una delle principali storie di successo è l'isola di Ermakov, un'isola fluviale di 2.300 ettari trasformata grazie all'introduzione di bufali d'acqua, cavalli selvatici e caprioli. Anche qui, tuttavia, la guerra getta un'ombra. Gli attacchi dei droni russi ai porti ucraini sul Danubio, fra cui attacchi occasionali vicino a Vylkove, minacciano la stabilità dell'area.
"Gli animali sono probabilmente stressati dalle esplosioni", osserva Tetiana.
L'accesso all'isola è ora limitato al personale militare o a chi dispone di un'autorizzazione speciale. I bufali si radunano ancora sulla riva o guadano il fiume per rinfrescarsi: la loro presenza è una testimonianza della resilienza della natura.
"Queste specie si adattano bene a questo ambiente", afferma Mykhailo Nesterenko, responsabile del progetto Rewilding Ukraine, che ora lavora dai Paesi bassi.
"Contribuiscono a rimodellare il paesaggio", continua. "Il loro pascolo apre radure che attraggono uccelli e altri animali selvatici. Stanno ricostruendo le zone umide dall'interno". La differenza è tangibile. "Le isole senza queste specie reintrodotte hanno una biodiversità inferiore", aggiunge Mykhailo.
Anche la Romania, che condivide la gestione del delta, ha intensificato i suoi sforzi di conservazione. Scienziati e istituzioni come l'Istituto Nazionale di Geologia Marina e Geoecologia (GeoEcoMar) sono ora partner essenziali nella ricerca transfrontaliera.
Eppure, anche qui, la guerra complica le cose. "La nostra capacità di ricerca è limitata dalla minaccia delle mine alla deriva nel Mar Nero", spiega Adrian Stanica, direttore di GeoEcoMar. Il suo team lavora a stretto contatto con partner ucraini ed europei a DOORS Black Sea, un progetto finanziato dall'UE che mira a creare un "gemello digitale" del mare, una replica virtuale che combina dati satellitari, modelli di intelligenza artificiale e raccolta di campioni.
"Ci permette di simulare e monitorare l'ecosistema da remoto", spiega Adrian. "Alla fine, non avremo più bisogno di essere fisicamente presenti per capire cosa succede sotto la superficie".
Affrontare i problemi
Vicino a Izmail, un'altra città ucraina sul Danubio, gli ambientalisti stanno ricollegando i laghi che erano stati isolati durante l'era sovietica. Queste barriere artificiali, costruite per l'irrigazione, hanno interrotto il flusso naturale dell'acqua e portato ad un grave degrado ambientale.
"Riaprendo questi canali, permettiamo ai pesci di migrare e ai laghi di 'respirare' di nuovo", afferma Mykhailo. Tuttavia, come sottolinea, le risorse umane sono ora limitate.
"Molti operai che avrebbero contribuito allo scavo dei canali se ne sono andati o prestano servizio militare", continua l'esperto.
Tuttavia, questi sforzi sono accolti con entusiasmo dalla gente del posto. In uno di questi laghi restaurati, i bambini nuotano mentre gli adulti lanciano lenze da pesca al tramonto. "La conservazione porta speranza", afferma Mykhailo, "Le comunità vogliono questi progetti: offrono qualcosa di costruttivo in mezzo alla distruzione".
Nel frattempo il Mar nero, in senso più ampio, sta affrontando un'altra catastrofe ambientale. L'Ucraina ha affondato quasi 30 navi da guerra russe e i relitti, insieme alle perdite di carburante, hanno trasformato parti del mare in bombe a orologeria ecologiche.
Nel settembre 2023, l'Ucraina ha ripreso il controllo delle Torri Boyko, piattaforme petrolifere occupate dalla Russia dal 2015. Gli incendi innescati dagli scontri erano già in corso da metà 2022.
Il Mar nero nel mezzo della guerra
Secondo il ministero della Protezione ambientale ucraino, la guerra ha causato perdite ambientali per oltre sette miliardi di euro nella sola regione del Mar nero. La distruzione della diga di Kakhovka nel giugno 2023, attribuita dall'Ucraina alle forze russe, ha aggravato la crisi, riversando in mare una valanga di acqua dolce. Il conseguente calo di salinità, combinato con gli inquinanti, ha innescato massicce fioriture di cianobatteri.
"Quasi il 70% della popolazione di cozze al largo di Odessa è stata spazzata via", afferma Olena Marushevska, ricercatrice del Meccanismo di assistenza del Mar nero dell'UE. "E c'è crescente preoccupazione per la contaminazione da metalli pesanti che potrebbe persistere per anni", aggiunge.
A dicembre, l'Ucraina ha avviato contro la Russia un procedimento per "ecocidio" presso la Corte penale internazionale. Misurare i danni ambientali causati dalla guerra rimane però un compito arduo. "Gran parte dell'area colpita è minata o occupata. Facciamo molto affidamento sui satelliti, ma non è sufficiente", spiega Olena.
Sebbene la Romania offra uno spazio relativamente più sicuro per la ricerca, gli effetti a catena della guerra attraversano il confine. La biodiversità, la qualità dell'acqua e le rotte migratorie del Delta del Danubio attraversano entrambi i paesi, rendendo la collaborazione transfrontaliera non solo preziosa, ma essenziale.
In mezzo alla guerra, la natura si aggrappa alla sua stessa resilienza. In alcune aree dove la navigazione e la pesca si sono fermate, la fauna selvatica sta iniziando a tornare.
"In assenza di interferenze umane, gli ecosistemi si riprendono con una rapidità sorprendente", afferma Mykhailo.
Tuttavia, concordano gli scienziati su entrambi i lati del confine, la protezione a lungo termine della più grande zona umida rimasta in Europa richiederà più che una semplice speranza, ma pace, accesso e cooperazione costante.
Questo rapporto è stato prodotto con il contributo dell'Ufficio Europa-Ucraina dell'associazione n-ost e con il sostegno finanziario dell'Unione Europea. Il contenuto di questa pubblicazione è di esclusiva responsabilità dei giornalisti e non può in alcun modo essere considerato come espressione della posizione dell'Unione Europea.
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