Sergej Lavrov - © lev radin/Shutterstock

Sergej Lavrov - © lev radin/Shutterstock

La visita del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov in Armenia lascia presagire una nuova distensione tra Mosca e Yerevan. Il premier armeno Nikol Pashinyan sembra ora perseguire una politica estera pragmatica, bilanciando tra Russia e Occidente in vista delle elezioni del 2026

28/05/2025 -  Onnik James Krikorian

Lo scorso 20 maggio Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo, si è recato in visita ufficiale a Yerevan, dove ha incontrato Nikol Pashinyan, primo ministro armeno, Vahagn Khachaturyan, presidente dell’Armenia, e Ararat Mirzoyan, ministro degli Esteri.

La visita è avvenuta dopo la partecipazione di Pashinyan alle celebrazioni annuali del Giorno della Vittoria lo scorso 9 maggio a Mosca. L’anno scorso, Pashinyan aveva disertato l’evento a causa del crescente antagonismo tra i due paesi dopo la guerra tra Armenia e Azerbaijan del 2020.

Durante il conflitto, Yerevan aveva nutrito speranze irrealistiche che Mosca intervenisse militarmente a suo favore. Tuttavia, la guerra per l’ex regione autonoma del Nagorno Karabakh (NKAO) di epoca sovietica, nel 2020 ancora abitata principalmente da armeni, non si combatteva entro i confini ufficiali dell’Armenia, bensì nel profondo del vicino Azerbaijan.

Negli ultimi mesi, soprattutto dopo il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, Pashinyan ha attenuato la sua retorica negativa verso la Russia.

Se il premier armeno inizialmente credeva che, dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022, Mosca sarebbe stata troppo distratta e militarmente indebolita per prestare sufficiente attenzione ai suoi vicini nel Caucaso meridionale, ora la situazione è cambiata.

Nonostante la speranza di orientare la politica estera ed economica dell’Armenia verso Occidente, compresa la possibilità di una futura adesione all’Unione europea, sembra che il governo armeno stia adottando una linea più pragmatica: diversificare le opzioni anziché sceglierne una rinunciando all’altra.

L'Armenia dipende fortemente dalla Russia non solo per gli scambi commerciali, ma anche per le forniture energetiche, che Yerevan conta di ottenere a prezzi ridotti anche nei decenni a venire.

Tuttavia, nonostante l’apparente disgelo tra Mosca e Yerevan, la Russia continua ad opporsi ad un ruolo più assertivo dell’Unione europea nel Caucaso meridionale. Allo stesso tempo, Mosca cerca di ripristinare la propria influenza strategica in Armenia, in un contesto in cui un accordo di pace tra Yerevan e Baku, ancora sfuggente, potrebbe essere siglato nel 2026 o, più probabilmente, nel 2027.

La posta in gioco per tutti gli attori regionali e internazionali è un eventuale sblocco di tutte le rotte commerciali e di transito nel Caucaso meridionale, rotte che erano rimaste perlopiù bloccate a causa del conflitto del Karabakh.

L'Unione europea, come anche gli Stati Uniti sotto la precedente amministrazione Biden, ha messo in chiaro di voler ampliare le vie di transito attraverso la Turchia, l'Armenia e l’Azerbaijan per ridurre gradualmente l'influenza della Russia in Asia centrale.

La questione è particolarmente delicata per Pashinyan, che intende ricandidarsi a metà del 2026 pur avendo mantenuto poche delle promesse fatte durante la campagna elettorale del 2021.

Alle recenti elezioni locali tenutesi a marzo a Gyumri, la seconda città più grande del paese, un controverso ex sindaco filo-russo è tornato al potere grazie al sostegno di diverse forze di opposizione. L'unico obiettivo dell’opposizione era impedire al candidato di Pashinyan di mantenere il controllo sulla città. Anche un’alleanza di forze extraparlamentari, vicine al premier e dichiaratamente filo-occidentali, non è riuscita a superare la soglia di sbarramento del 6%.

Lo scorso 22 maggio, dopo l’annuncio del governo di non voler uscire dall’Unione economica eurasiatica (UEE), guidata dalla Russia, uno dei leader dell’alleanza filo-europea ha accusato Pashinyan di bloccare il processo pur di non perdere consensi alle elezioni del prossimo anno.

Quando poi un esponente del partito di Pashinyan ha chiesto se l’Armenia intendesse ancora diventare membro dell’UE, il premier ha risposto con schiettezza. “Credo che l’obiettivo fondamentale dell’Armenia [...] sia firmare un trattato di pace con confini riconosciuti a livello internazionale di 29.743 chilometri”, una chiara allusione all’agognato accordo di pace tra Armenia e Azerbaijan.

Il testo è stato finalizzato a marzo, non è però ancora chiaro quando l’accordo possa essere siglato visto che Baku continua ad insistere affinché Yerevan modifichi la propria Costituzione.

Nel frattempo, anche il processo di normalizzazione dei rapporti tra Armenia e Turchia stenta ad avanzare. La normalizzazione delle relazioni dell’Armenia con Azerbaijan e Turchia era in cima all’agenda della recente visita di Lavrov a Yerevan. Il capo della diplomazia russa ha ribadito l’importanza della nascente piattaforma 3+3 in cui la regione intende concentrarsi sul proprio futuro, la stabilità e la sicurezza.

La piattaforma è composta da Armenia, Azerbaijan, Iran, Russia e Turchia, solo la Georgia ha rifiutato di aderire a causa delle controversie con Mosca.

“Nel complesso, siamo soddisfatti dei risultati dei colloqui”, ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Lavrov dopo l’incontro con il suo omologo armeno Ararat Mirzoyan. “Siamo legati alla Federazione Russa da una partnership che consideriamo solida”, ha affermato Mirzoyan, sottolineando “lo sviluppo dei rapporti commerciali [...] e forti legami culturali”.

Lavrov ha anche precisato che la nuova attenzione dell’Armenia all'acquisizione di armi dalla Francia e in particolare dall'India non lo preoccupa.

Lo scorso 23 maggio, Pashinyan ha annunciato che il prossimo vertice della Comunità politica europea (CPE) si terrà l’anno prossimo in Armenia. Un annuncio che potrebbe giocare a favore di Pashinyan alle elezioni del 2026, se il premier riuscisse a dimostrare di essere capace di gestire la complessa situazione geopolitica attraversata dal paese.

Nel frattempo, durante la visita ufficiale di questa settimana del ministro degli Esteri turco Hakan Fidan a Mosca, dovrebbe essere discussa la necessità di rafforzare la pace e la stabilità, compreso lo sblocco delle vie di trasporto e di comunicazione nel Caucaso meridionale. Secondo quanto dichiarato da Lavrov lo scorso 21 maggio, i prossimi colloqui nel formato 3+3 potrebbero tenersi a Baku o a Yerevan.

All’ultimo summit della Comunità politica europea, tenutosi in Albania all’inizio di questo mese, i leader e i ministri degli Esteri di Armenia e Azerbaijan sono stati ripresi mentre discutevano durante una pausa. L’Azerbaijan ospiterà il vertice nel 2027, e la possibilità di avviare percorsi multipli dipende dalla capacità di controllare gli interessi geopolitici.

Lo scorso 26 maggio, durante la conferenza “Yerevan Dialogue” incentrata sul tema “Navigare l’ignoto”, è emersa chiaramente la realtà dell’Armenia di oggi. Di fronte all’ignoto, Yerevan deve mantenere l’equidistanza e tenere in considerazione gli interessi internazionali condivisi, anziché quelli contrastanti.


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